La storia del Computer - 4.a Generazione 1971-oggi ... |
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Con la ricerca della minima dimensione, la miniaturizzazione diventa realtà e segna una nuova generazione. Ma già si pensa ad una quinta, dove una possibile intelligenza artificiale sia in grado di elaborare conoscenza.
La crescente integrazione di circuiti in un solo chip determinò, all'inizio degli anni Settanta, l'avvento della quarta generazione di calcolatori, caratterizzati dall'impiego del microprocessore, un'unità centrale di elaborazione realizzata su un solo chip. Robert Noyce, uno degli inventori del circuito integrato, abbandona con un gruppo di soci fondatori la Fairchild Semiconductors e con uno di loro, Gordon Moore, fonda nel 1968 la Intel (dalla fusione di Integrated Electronics), con lo scopo di fabbricare chip di memoria. L’anno successivo, la società giapponese Busicom, ordina alla Intel un particolare set di chip per un elaboratore. L’ingegnere Marcian E. Hoff Jr. riesce, senza poche difficoltà, a presentare una soluzione non prettamente aderente alla richiesta giapponese: un unico chip in grado di incorporare l’insieme delle funzioni offerte dal set. La Busicom accetta la proposta e mentre Hoff mette a punto lo schema di base, il fisico italiano Federico Faggin (fig.22) trasforma in realtà le intenzioni teoriche.
fig.22 - Il fisico italiano Federico Faggin.
Alla fine del 1970 poté entrare in produzione il primo microprocessore della storia, l’Intel 4004 per una calcolatrice della giapponese Busicom.
Il processore rivoluzionò la tecnologia nel settore informatico ma anche in quello televisivo e automobilistico e nacque una nuova generazione.
fig.23 - Immagine DIE del chip 4004. La figura 24 mostra l'incisione FF (Federico Faggin) sulla superfice del chip 4004.
fig.24 - Incisione FF Federico Faggin del chip 4004. I circuiti integrati della terza generazione eseguivano ciascuno uno scopo specifico, ad esempio fungevano da memoria. Il microprocessore, invece, è il circuito integrato considerato il "cervello" del computer, in grado di elaborare i dati ed eseguire funzioni. E' un circuito elettronico integrato che realizza tutte le funzioni principali di un'unità di elaborazione centrale (CPU); si basa sulle caratteristiche di semiconduttore del silicio e viene realizzato su una piastrina di silicio (chip) sulla quale vengono incisi dei circuiti elettronici.
Il microprocessore è un circuito integrato contenente migliaia o addirittura milioni di transistor. Questi hanno il compito di memorizzare e manipolare i dati in modo che il microprocessore possa eseguire funzioni utili dettate dal software. Il primo processore Intel, il 4004, conteneva 2300 transistor; il Pentium II contiene invece 7,5 milioni di transistor.
Alla miniaturizzazione seguì la produzione su larga scala ed il conseguente calo dei prezzi e delle dimensioni dei computer, favorendo la crescita della domanda degli elaboratori. La scena informatica degli anni Ottanta, risulta così molto eterogenea: abbiamo i super, le workstation, i micro, i personal e gli home computer. Grazie alla riduzione delle dimensioni degli elaboratori e la crescita di sistemi operativi meno complessi resero possibile l’avvento delle più svariate applicazioni, dai programmi per l’ufficio ai videogiochi. La Commodore e la Apple Computer furono tra le prime aziende ad implementare questi pacchetti software; la Atari fu una delle prima case a commercializzare home computer con una buona dotazione di giochi. Intorno al 1977 nasce il mercato hobbistico: la rivista Popular Electronics offriva, nel gennaio 1975, il kit per costruire un Altair 8800 della Mits (fig.25), basato sul processore Intel 8080 a 8 bit, più potente dell’Intel 8008. La macchina era dotata di 256 byte di memoria espandibile a 64K.
fig.25 - Altair 8800.
Nelle prime settimane di debutto del computer, la Mits venne inondata di ordini. Il linguaggio di programmazione della macchina era il BASIC di Bill Gates e Paul Allen.
La stazione di lavoro, insieme al personal, rivoluzionò la scena informatica degli anni Ottanta. Le stazioni di lavoro (workstation) sono computer intermedi tra il PC (di cui condividono le dimensioni ma superano in termini di prestazioni) e il mini (di cui condividono le prestazioni, ma sono di dimensioni inferiori). I primi modelli, fabbricati da Sun, Hewlett-Packard e Apollo, trovano impiego in applicazioni scientifiche ed ingegneristiche, per la soluzione di problemi numerici o l'elaborazione di complessi grafici. Grazie al multitasking e alla possibilità di interconnessione tra macchine offerti dal sistema operativo UNIX, che venne implementato fin dalla loro prima comparsa, le workstation estesero la loro presenza in quasi tutti i tipi di applicazioni informatiche. La crescita della potenza dei mini, spinse le workstation poi a compiti fino ad allora riservati ai mainframe. In questa prima metà degli anni Settanta si registra la nascita di un nuovo strumento: il personal computer. Le prime società ad occuparsene furono la Hewlett-Packard e la Digital. Il primo vero personal di massa fu l’Apple. Gli ideatori furono due tecnici nordamericani, Stephen Wozniak e Steven Jobs. Nel 1976 vennero costruite alcune centinaia di esemplari di Apple-1 (fig.26), venduto in duecento esemplari nei negozi di informatica della baia di San Francisco e, per corrispondenza, a 666 dollari.
fig.26 - Scheda madre Apple-1. Intanto nasce la Apple Computer di Cupertino (California), nel cuore della Silicon Valley e nel 1977, con l’Apple-2 (fig.27), il personal computer diventa uno strumento di massa diffuso in migliaia di esemplari in tutto il mondo.
fig.27 - Apple-2. Molte compagnie fecero micro programmabili supportati da pacchetti software, la tendenza continuò con l'introduzione del PC; nel 1976 nasce la Microsoft, che vende software per microcomputer. Agli inizi degli anni Settanta sembrò assurda l'idea di costruire computer abbastanza piccoli da poter essere usati da un singolo utente, ma i fatti dimostrarono che i piccoli computer potevano essere venduti nello stesso modo degli elettrodomestici. Inizialmente ci fu grande confusione a causa della mancanza di standardizzazione dei componenti: ogni macchina aveva un proprio sistema operativo ed una propria configurazione. La situazione si stabilizzò completamente, quando l'IBM, sull’onda di questo successo, introdusse nel 1981 il "PC" con il sistema operativo MS-DOS e, in dieci anni dal 1982, il numero di personal venduti passò da 5,5 a 65 milioni. Divenne prototipo standard il PC basato sul microprocessore 8088 della Intel e utilizzava il sistema operativo DOS, Disk Operating System: sistema operativo su disco. La diffusione dei PC fu favorita da un lato dal prezzo competitivo offerto dai produttori, dall'altro dai molteplici campi d'impiego di questi piccoli apparecchi. Fecero infatti la loro comparsa contemporaneamente ai PC molti programmi applicativi come quelli di elaborazione testi, i data base e i fogli elettronici.
fig.27 - L'IBM PC-XT basato su processore Intel 8088. Con i continui progressi nel campo dei microprocessori, vennero introdotte nuove versioni di PC: comparvero i PC-XT (fig.28) e i PC-AT (basati sul 286), poi i PC basati sui processori 386 e 486, fino ai più recenti che sfruttano i processori dell'ultima generazione. Nel 1984 la Apple comincia la commercializzazione del Machintosh, un sistema innovativo che rivaleggerà con i PC-MSDOS. Proprio negli anni Settanta della quarta generazione informatica, i supercomputer nacquero dal bisogno dei grandi centri di ricerca, come la Nasa, di avere elaboratori molto più potenti di quelli commerciali, per risolvere problemi scientifici. Effettivamente, anche l'ENIAC era un superelaboratore, nonostante le sue prestazioni siano, comparate a quelle di un semplice PC moderno, nettamente inferiori. Comunque, presero nel corso degli anni Ottanta il nome di superelaboratori i computer la cui architettura permetteva loro prestazioni più elevate rispetto a quelle dei mainframe di uso generale. Il primo superelaboratore fu il Cdc 7600. Vennero costruiti così lo Star-100, Staran, Dap-1, Illiac-IV. Altri supercomputer vennero costruiti dalla Cray Research (il Cray-1 del 1976 costava 17 milioni di dollari), dalla Control Data Corporation (Cyber) e dalla Denelcor (Hep), che dominarono negli anni Settanta e Ottanta il campo dei più potenti sistemi. L’integrazione dei chip negli anni Settanta è contraddistinta dalla sigla Lsi (Large Scale Integration) e nei primissimi anni Ottanta dalla sigla Vlsi (Very Large Scale Integration), che porta oltre centinaia di migliaia di transistor su un singolo chip. Uno dei settori che ha in particolare modo beneficiato di un simile rapido sviluppo è stato quello delle comunicazioni. La telematica è nata dall’abbinamento tra telecomunicazioni e informatica e permette, attraverso le linee telefoniche, di offrire servizi prima impensabili, modificando radicalmente le attività produttive o domestiche. La prospettiva imminente è data dall’intelligenza artificiale; dal 1982 il Giappone ha lanciato la sfida per la costruzione, di elaboratori della quinta generazione e da allora gli investimenti nel settore, soprattutto degli Stati Uniti, sono stati notevoli. |